“Realismo e poesia” nella pittura di Andrea Gelici
Oggi, dopo che è trascorso il primo decennio del nuovo millennio, in Europa, le espressioni figurative, per mancanza di un momento unitario sono quantomai eterogenee, per cui il gesto creativo, l’opera ed il segno che ne scaturiscono, finiscono per essere individuali, pur conservando e riaffermando, gli artisti, il rapporto con lo spettatore, vale adire con le urgenze conoscitive e partecipative con il pubblico.
Andrea Gelici, affermato pittore fiorentino, non si sottrae a questa logica e, dopo essersi diplomato all’Accademia “Lo Sprone” di Firenze, inizia il proprio percorso d’arte dedicandosi al disegno e al ritratto, quindi all’olio, alla tecnica mista su tavola, ma anche all’acquerello. La particolare sintassi del pittore si evidenzia emblematicamente sia nel contenuto figurativo che nel colore, infatti egli percorre una strada artistica del tutto riconoscibile per originalità e per il rapporto armonioso che sa creare tra paesaggio e natura, tra figura reale o di fantasia, ma anche con il mondo onirico della fiaba, come abbiamo potuto apprezzare nelle illustrazioni del libro “La Luna e gli spazzacamini”di Roberta Degl’Innocenti e quelle del testo “Graffio d’alba” di Lenio Vallati, ambedue caratterizzate, nell’apparato scenico , da essenzialità e leggerezza. In tal senso il linguaggio, sempre più aperto a nuove suggestioni, proviene dall’esterno, sia dal mondo artistico in generale, con viaggi reali nella
sua città ed oltre e in luoghi suggestivi che con incursioni in campi”altri”con fughe dalla realtà e viaggi della mente, per poter intendere la segreta lingua delle cose muta e la susseguente poetica delle corrispondenze, secondo un rigore stilistico vivo e umorale, di costante fascino allusivo ed evocativo, mentre il segno cromatico si realizza per accordi di giallo, rosso, bianco, verde, marrone, atti ad assumere significati simbolici e musicali legati all’andamento delle linee dell’impianto compositivo. Le identità volumetriche sono tra loro perfettamente in simbiosi e vanno a trascendersi in vere forme espressive, seppur talora pervase da una sottesa malinconia dello sguardo delle figure nell’accoglienza dell’immagine da parte del pensiero. Opere tipiche di Andrea sono i ritratti, una vera e propria galleria, ricca di spessore psicologico ed espressivo, alla Vincent Van Gogh, dove il pittore manifesta un interesse iconografico allegorico, e simbolico di fantasia, come si evince in “Cappello di paglia”, talaltra dipingendo personaggi reali della cultura fiorentina, intesa in senso lato, comprendente poeti, scienziati, sportivi, mentre dai fondali delle tele emerge, in tutto il suo splendore: Firenze, centro egregorico del mondo, con le sue cupole, campanili e tetti, circondata da confortanti colline verdi che sembrano proteggerla dai cattivi influssi. E se la struttura compositiva dei ritratti è tradizionale, il linguaggio, che asseconda il progetto di una pittura di sintesi, tra sguardo interiore e percezione del mondo esterno, tende al superamento della visione, attraverso i movimenti delle linee, in special modo quella del paesaggio architettonico, ed il ritmo dei volti dipinti che sembrano quasi seguire gli stati momentanei dell’anima.
Tutta un’atmosfera allusiva, vicina alle poetiche del simbolismo letterario, sostenuta da una raffinata sensibilità cromatica che esplode di luce, mediante un gioco di forme colte nel loro reciproco rapporto. Ma centro della ricerca pittorica di Gelici c’è la sua Firenze che riesce a fermare nel suo enigma e suo mistero, quel linguaggio d’anima di valore universale, dove il purismo sembra incontrarsi con il surrealismo, sia per la dissolvenza dell’aura che avvolge la città, che la armonica compostezza delle linee atte a realizzare un vero e proprio tempio dello spirito, nella dimensione del sogno. E basta soffermarsi sulla tavola “Lettera a Firenze”, per rendersene conto nella quale, in primo piano emerge un bellissimo volto di donna, sul ripiano una lettera, senza dubbio d’amore, sullo sfondo un appena intravisto Ponte Vecchio, ed i muri del Lungarno con le loro luci, tutta la colorazione è data dal rapporto tra l’emozione umana che suscita, ed è calda, avvolgente, basata sul rosso , sul giallo, in sfumature di verde e qualche lieve azzurro. Insomma Andrea sembra dichiarare, con la pittura, il suo amore per la bellezza e la vertigine delle forme e per tutte quelle simbologie che fanno del sogno la vera combinazione del linguaggio artistico, pur lasciando intatto il mistero della soglia tra realtà e pittura, che per noi ha un solo nome: Poesia.
Lia Bronzi