Due connotazioni nella pittura di Andrea Gelici, noto artista fiorentino: la domanda, assolutamente insopprimibile, in che cosa consista il trasferire la quotidianità (magari atemporale come la vediamo: passato, presente e futuro in un valore unico) sulla bidimensionalità della tela o del legno. A parte le regole della prospettiva, si tratta d’un rinnovare continuamente il punto di vista, lasciandolo però inalterato in tutto lo spessore storico, si tratta di renderlo fruibile, avvicinandolo alla sensibilità delle ultime generazioni, pur non staccandolo dal passato millenario che ne costituisce il substrato ( non per niente Andrea Gelici è figurativo).
E il secondo interrogativo è: come fare ad immergere formalmente la quotidianità in una filosofia romantica dalle radici eterne, priva cioè del proprio secolo e di una propria consuetudine? All’atto pratico credo si tratti di un fare poesia in pittura, ma senza entrare nell’astratto. Tramite il figurativo esprimere le idee e sentimenti: questo è il segreto ritenuto impossibile fin dai primi decenni del secolo scorso, tramite Scuole quali il futurismo, il cubismo, l’informale, un certo surrealismo etc. E dire che in questa sede esiste un garbato surrealismo, enucleabile dagli accostamenti allegorici, perfettamente godibile dai fruitori. Non possiamo negare il valore composito dei diversi elementi: il linguaggio letterario, l’intensità della significazione,
la personale ma leggibilissima interpretazione, un insieme che, forse, aspira ad essere semplice ma in realtà è alquanto elaborato in una sorta di sofferto espressionismo.
La sobrietà di Andrea Gelici impedisce il cosiddetto “sentimentalismo” ma i forti sentimenti tipici dell’artista costringono il pubblico a pensare, ragionare, comporre gli ossimori in una filosofia oggettiva che parla tramite le immagini e i colori. Molte le tematiche: natura, storia, umanità nel suo dipanarsi dall’aurora la tramonto, rimanendo in ultima analisi sempre coerente a se stessa, l’impronta dei secoli nel presente e nel futuro, in ogni istante della giornata, il simbolismo dei ritratti e della paesistica, le scene cittadine altamente liriche e strappate con garbo al fluire del tempo, l’amore per il centro storico di Firenze. Non per niente alcune sue composizioni poetiche, pubblicate anche sul web, che Andrea Gelici ama riferire ai propri quadri, li interpretano puntualmente. Mi sia permesso citare qualche verso: “Gli anni passano/dagli occhi al cuore/le memorie/in uno sguardo/ombre di luna…” che si accompagnano al quadro dal titolo omonimo, ritraente una bambina ( in realtà un essere dolcissimo e senza tempo come un angelo) che medita sui contenuti della propria esistenza, appoggiando la testa ai gomiti, quasi a voler proteggere da influssi esterni un patrimonio inestimabile, lo sguardo immerso nei riflessi lunari. Del resto anche il “Fiore di Luna” ci mostra una giovane geisha che tiene in mano un crisantemo, leggendario fiore giapponese, in questo caso bianco-argenteo. E per finire, vorrei citare il quadro ”Frana la sabbia”, che descrive il crollo di una duna,con intense tonalità aggressive ma quasi frangiate d’oro giallo (sembra un territorio che sia stato fertile quanto ora è desertico), in riferimento all’omonima lirica di cui trascrivo qualche verso: “…sui fianchi delle dune/ corre l’orizzonte a bande colorate/..” e, infine, olii su tela, olii su faesite, olii su tavola, chine (in specie nature morte), tempere, cere, carboncini, matita, e la recentissima tecnica mista su tavola, ricordano altrettanti strumenti musicali mentre interpretano uno spartito sinfonico.
Duccia Camiciotti